Project Description
Sulle sommità delle rocche e degli aspri profili montuosi che graffiano il cielo, ci si sente privilegiati spettatori della dimensione naturale e millenaria di queste colline solitarie, illuminate da un sole che scalda i colori di una flora spontanea e rigogliosa.
Al cospetto di un panorama dai contorni pressoché immutati, i ruderi in nuda pietra sussurrano le vicende umane dei conquistatori, sbiadite nel corso dei secoli insieme allo sbriciolarsi della pietra. Qui la natura primeggia sullo scorrere delle generazioni come assoluta protagonista, amplificando l’identità rurale di luoghi dove posare lo sguardo regala il privilegio di abbracciare il tempo. I versi in greco traslitterato della Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo o d’Antiochia, echeggiano nelle navate di San Nicolò di Mira, ripetuti dai fedeli sin dal 1520, anno in cui la chiesa venne aperta al culto.
Le celebrazioni di rito bizantino conservano l’eredità culturale arbëreshe, l’elemento etnico d’origine di Mezzojuso, località nella quale, intorno all’anno duecento, si stabilirono i primi profughi albanesi in fuga dall’avanzata turca. Terminale del reticolo di vicoli e cortili di tortuosità medioevale, la piazza centrale accoglie due chiese madri, la chiesa dell’Annunziata di rito latino e San Nicolò di Mira, di rito greco. Una accanto all’altra, simboleggiano la pacifica convivenza tra identità confessionali. Nel cuore di San Nicolò di Mira rifulge l’iconostasi tipica dei luoghi di culto di rito bizantino, una luminosa parete divisoria decorata che separa la navata dal Bema, il santuario dove viene celebrata l’Eucaristia.
L’aspetto attuale della chiesa è opera di vari interventi di restauro succedutesi nei secoli e non sempre con intuizioni felici. Per adattare la chiesa ai gusti del tempo, tra il 1781 e il 1800, l’iconostasi originale venne smontata e le icone vennero appese nei muri della chiesa fino al 1900, quando alcune vennero trasferite a S. Maria di tutte le Grazie, la prima chiesa arbëreshe.